Cancro del Retto

Ultimo aggiornamento: 12/01/2018
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Categoria: Cancro del Retto

A cura di: Dott. Andrea Barina, Prof. Salvatore Pucciarelli
Dip. di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche, Università degli Studi di Padova

Cos’è il retto?
Il retto è il tratto terminale del grosso intestino (intestino crasso), situato subito al di sopra dell’ano. Ha una lunghezza che varia da 12 a 15 cm ed è chiamato retto poiché ha una forma grossolanamente rettilinea.
Sebbene vi siano variazioni individuali legate per lo più a sesso e conformazione fisica, il retto si divide in una parte prossimale (retto alto) della lunghezza di circa 4 cm, rivestita dal peritoneo, e in una parte distale (include il retto medio e basso) della lunghezza di circa 8 cm, situato al di sotto del peritoneo (extraperitoneale). Il retto è circondato da uno strato composto da grasso, vasi sanguigni, nervi, vasi linfatici e linfonodi detto mesoretto.
La sua parete è costituita da tre strati:

  • uno strato più interno, formato dalla mucosa rettale, ricco di ghiandole;
  • uno strato intermedio, formato dalla sottomucosa, ricco di vasi sanguigni e vasi linfatici;
  • uno strato più esterno, formato da tessuto muscolare, che determina la contrazione o il rilassamento del retto. Lo strato muscolare del retto basso si fonde senza discontinuità con lo sfintere anale interno e con i muscoli elevatori dell’ano.
    Le principali funzioni del retto sono:

  • serbatoio per le feci;
  • organo sensoriale in grado di discriminare qualità e quantità del suo contenuto (feci o gas);
  • capacità propulsiva ed espulsiva durante la defecazione.

Cos’è il cancro del retto, da dove origina?
Il cancro del retto o adenocarcinoma del retto è un tumore maligno che origina dalle cellule ghiandolari della mucosa rettale. Quando il carcinoma invade la sottomucosa, il cancro si definisce invasivo, tende a crescere localmente ed ha la potenzialità di dare metastasi per via linfatica (ai linfonodi) o ematica (più spesso a fegato e polmoni).
Nella maggior parte dei casi il carcinoma deriva da una lesione precancerosa detta “adenoma” che ha l’aspetto di un polipo. Tuttavia, mentre quasi tutti i carcinomi derivano dagli adenomi, non tutti i polipi diventano cancro.

Con quale frequenza si presenta e quali solo cause?
Nel 2017, l’adenocarcinoma del grosso intestino è risultato essere, dopo il carcinoma della mammella, il tumore più frequente in Italia con 53.000 nuovi casi diagnosticati (14% di tutti i cancri). Circa il 25-30% di questi tumori sono localizzati nel retto. Come la stragrande maggioranza dei tumori maligni, anche l’adenocarcinoma del retto è correlato con l’età.
L’eziologia del cancro del retto è complessa ed è caratterizzata da un processo di alterazione/mutazione genetica delle cellule della mucosa rettale che, nel tempo, favorisce la trasformazione della mucosa normale in adenoma e successivamente in adenocarcinoma.
I fattori di rischio che possono portare all’insorgenza di un cancro del retto sono:

  • primari
    • o dieta povera di fibre e ricca di grassi soprattutto animali;
    • o abuso di alcol e tabagismo;
    • o menopausa;
    • o obesità e scarsa attività fisica.
  • secondari
    • o età maggiore di 50 anni;
    • o poliposi intestinali ereditarie, in particolare la poliposi adenomatosa familiare (FAP)
    • o cancro del colorettale ereditario non poliposico (HNPCC) o sindrome di Lynch I e II;
    • o malattie infiammatorie croniche instinali (morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa);
    • o irradiazione pelvica.

Come si previene il carcinoma del retto?
La prevenzione primaria si attua evitando tutti i fattori di rischio alimentari e quelli legati allo stile di vita sopra elencati. La prevenzione secondaria implica la diagnosi precoce e si attua attraverso programmi di screening che utilizzano il test di ricerca del sangue occulto nelle feci (e colonscopia nei casi positivi) e sono indirizzati a uomini e donne dai 50 ai 69 anni di età. Questa modalità di prevenzione è efficace e, anche in Italia, ha portato a una riduzione dell’incidenza e della mortalità per carcinoma colorettale.
Per coloro che presentano invece fattori di rischio secondari, è bene che essi si rivolgano a specialisti che, in concerto con il Medico di Medicina Generale, daranno le opportune indicazioni circa le indagini da eseguire, la tempistica e le modalità che cambiano a seconda del fattore di rischio presente (poliposi, familiarità per polipi e cancro del colon retto, anamnesi personale di polipi e o cancro, malattie infiammatorie croniche intestinali, presenza di una sindrome ereditaria).

Con quali sintomi si presenta?
Il sintomo più comune e talora anche l’unico è rappresentato dalle perdite di sangue rosso vivo dall’ano. Queste spesso vengono imputate a patologie benigne (es. emorroidi) che peraltro possono coesistere. Il sanguinamento può essere modesto e accompagnare la defecazione (ematochezia) oppure più copioso (rettoragia), non necessariamente associato all’evacuazione.
Altri sintomi sono:

  • alterazioni dell’alvo: stipsi alternata a diarrea con piccole scariche frequenti, riduzione del calibro delle feci che assumono aspetto nastriforme;
  • tenesmo, ovvero sensazione di dover defecare senza che questo poi avvenga, urgenza alla defecazione (talvolta dolorosa) e senso di incompleto svuotamento al termine dell’evacuazione;
  • dolore perineale e pelvico: è di solito un sintomo tardivo e più frequente nei tumori del retto basso.

Come si diagnostica?
Nella maggior parte dei casi sono sufficienti l’anamnesi (storia clinica) e l’esame clinico mediante esplorazione digitale dell’ano. In questo modo possono essere evidenziate masse o altre lesioni del retto medio e basso.
L’anoscopia (visione dell’ano e del retto distale mediante uno strumento cilindrico detto anoscopio) permette di visualizzare o escludere una patologia anale (emorroidi, ragade etc.).
La rettoscopia è un esame endoscopico che permette di esplorare gli ultimi 15-20 cm del grosso intestino.
La colonscopia è l’esame di riferimento poiché evidenzia non solo il retto ma anche tutti gli altri tratti di grosso intestino escludendo, in tal caso, altre patologie sincrone. La colonscopia va sempre raccomandata a quei pazienti che accusano perdite ematiche con la defecazione o non, nei quali la visita proctologica e la rettoscopia siano risultate negative.
Se si individua una lesione rettale sospetta durante la rettoscopia/colonscopia è necessario eseguire su questa dei prelievi bioptici, il cui esame darà la diagnosi di certezza circa la natura della lesione.
Quando si è di fronte ad una diagnosi istologica di cancro del retto, è necessario eseguire indagini che chiariscono quanto la malattia sia diffusa (stadio clinico) sia a livello locale (retto e di organi adiacenti) che a distanza (linfonodi extraregionali, fegato e polmoni, principalmente). Gli esami di stadiazione nel cancro del retto sono:

  • la colonscopia completa;
  • il dosaggio del CEA (antigene carcinoembiogenetico) che è un marcatore di neoplasia;
  • la risonanza magnetica pelvica;
  • La TC del torace e dell’addome;
  • L’ecografia transrettale così come la PET-TC sono esami che vanno eseguiti in casi selezionati e non fanno parte della stadiazione routinaria del carcinoma del retto.

In base ai risultati di questi esami si programma l’iter terapeutico.

Come si cura?
Sulla base della stadiazione clinica, vi sono due fondamentalmente due approcci: il primo prevede l’intervento chirurgico immediato ed è indicato per le forme iniziali di tumore del retto; il secondo approccio prevede un trattamento chemio e/o radioterapico che precede l’intervento chirurgico, e per questo detto neo-adiuvante. Questo approccio è riservato ai tumori con stadio più avanzato.

In cosa consiste l’intervento chirurgico?
L’intervento chirurgico consiste nell’asportazione del retto, del mesoretto e del tessuto che circonda i vasi che irrorano il retto (resezione anteriore del retto). La resezione può essere eseguita con varie tecniche: classica o laparotomia, o con tecnica mini-invasiva sia laparoscopica che robotica. Indipendentemente dalla tecnica impiegata, l’intervento non cambia. Dopo aver resecato il retto, la fase di ricostruzione della continuità digestiva implica il ricongiungimento (anastomosi) con una sutura chirurgica (manuale o meccanica) fra il tratto di colon a monte e quello a valle del tratto resecato.
Quando questa anastomosi è molto vicina all’ano, essa è ad alto rischio di cedimento (deiscenza) con il rischio che le feci possano raggiungere la cavità peritoneale dando luogo a una peritonite e sepsi. Per evitare questo rischio, quasi sempre si esegue una deviazione delle feci (colostomia o ileostomia) a monte dell’anastomosi. Tale stomia che in gergo popolare viene comunemente chiamata “sacchetto” è temporanea e viene chiusa, ristabilendo una normale canalizzazione intestinale, circa dopo 2-3 mesi dall’intervento principale.
Qualora il tumore sia molto basso e infiltri l’ano, è necessario asportare oltre al retto, anche l’ano e gli sfinteri anali. Questo intervento prende il nome di resezione anteriore del retto per via addomino-perineale o intervento di Miles e implica che la stomia sia definitiva.
Asportazione locale. L’asportazione locale per via transanale del tumore, come unica cura, è possibile ma in un numero di casi piccoli e ben selezionati: piccoli carcinomi in stadio molto iniziali con caratteristiche istologiche favorevoli.

Cosa è la terapia neoadiuvante?
Il trattamento neodiuvante include la radio e/o la chemioterapia e generalmente dura circa 5 settimane. L’intervento chirurgico viene eseguito dopo 6-8 settimane dalla fine della terapia neoadiuvante e nel 15-25% dei casi non viene più trovato tumore sul pezzo operatorio. Si parla in questi casi di “risposta patologica completa” e, benchè non ancora considerato standard, in questi casi c’è chi propone di evitare l’intervento chirurgico tradizionale. Una simile decisione tuttavia richiede prudenza ed è bene prenderla in accordo con i propri Medici curanti dopo adeguata informazione circa vantaggi e svantaggi di questo approccio.

In conclusione, la terapia del cancro del retto è basata sulla diffusione locale e a distanza della malattia (in base allo stadio) potendo quindi selezionare l’opzione più efficace per il singolo paziente.

Cos’è lo stadio del tumore e qual’è la sua importanza?
La stadiazione del carcinoma del retto è la stima di quanto il tumore sia diffuso nell’organismo e viene valutata (stadiazione TNM) in base a tre parametri: T (diffusione nella parete del retto), N (diffusione ai linfonodi), M (presenza di metastasi in altri organi). Si definisce “stadiazione clinica” quella che si ottiene con gli esami clinici e radiologici prima dell’intervento. Essa ha un’accuratezza che si aggira attorno all’80%. Si definisce invece “stadiazione patologica” quella definita dall’anatomopatologo sul pezzo operatorio dopo l’intervento chirurgico.
Nel cancro del retto si riconoscono quattro stadi. Lo stadio I ha la miglior prognosi con il 90-95% di guarigione definitiva (espressa in genere come sopravvivenza a 5 anni dall’intervento chirurgico). Nello stadio IV, quello in cui vi sono metastasi in altri organi, la guarigione si ha solo nel 5-10% dei casi.
Attualmente in Italia, la sopravvivenza globale nei pazienti affetti da carcinoma del retto è del 66% a 5 anni.

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