Defecazione Ostruita

Ultimo aggiornamento: 25/06/2018
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Categoria: Stipsi

A cura del Prof. Filippo Pucciani
Dipartimento di Chirurgia e Medicina Traslazionale – Università di Firenze

Cosa si intende per defecazione ostruita?
Per defecazione ostruita si intende una defecazione difficoltosa, caratterizzata da sensazione di ostacolo anale all’evacuazione associata a svuotamento incompleto, sforzo defecatorio prolungato ed eccessivo, necessità di manovre manuali. Tali sintomi, associati o meno ad una ridotta frequenza defecatoria, devono essere presenti, variamente combinati tra loro, in almeno il 25% degli atti defecatori per 3 mesi consecutivi per poter essere considerati indicativi di malattia. Questi sintomi però sono aspecifici, potendo comparire nella stipsi cronica, nella sindrome dell’intestino irritabile ed in un ampio ventaglio di malattie anorettali, sia funzionali che organiche. Particolare attenzione deve essere data nel caso che sintomi da defecazione ostruita si associno ad emissione di sangue rosso con le feci e/o a comparsa di dolore addominale non alleviato dalla defecazione. In questi casi è necessaria una valutazione specialistica colo-proctologica per individuarne la causa, talora riconducibile a patologia neoplastica.

Quali sono le cause?
La defecazione ostruita può essere provocata sia da cause funzionali sia da cause organiche.
Cause funzionali Normalmente la defecazione avviene grazie alla coordinazione tra il colon che trasporta le feci fino al retto, la componente anorettale che mette in atto i meccanismi di fuoriuscita delle feci dal retto, la muscolatura striata del pavimento pelvico che facilita con contrazioni e rilasciamenti l’attività espulsiva del retto ed il transito anale. Nel caso che la muscolatura striata (nella fattispecie il muscolo elevatore dell’ano nella sua componente del muscolo puborettale) sia incoordinata, contraendosi piuttosto che rilasciandosi, si realizza, per la compressione esercitata sul canale anale, un ostacolo meccanico alla fuoriuscita delle feci. Tale condizione è denominata dissinergia del pavimento pelvico.
Cause organiche Tutte le patologie, benigne e non, che si realizzano nel canale anale e nel retto, possono di per se ostacolare il transito delle feci, interferendo meccanicamente con il loro passaggio. L’ostruzione defecatoria in questi contesti è l’effetto di un qualcosa che distorce il lume del retto e/o del canale anale, riducendone oggettivamente il calibro in alcuni casi.
Oltre alla patologia neoplastica del retto e dell’ano e ad alcune malattie del canale anale quali la ragade anale, il prolasso emorroidario, la stenosi anale, le malattie che più frequentemente causano defecazione ostruita sono quelle che in qualche modo sono considerate l’evoluzione temporale della dissinergia del pavimento pelvico. L’invaginazione rettale, il rettocele, la sindrome del perineo discendente, il prolasso mucoso del retto, la sindrome dell’ulcera solitaria del retto, hanno tutti alla base l’incoordinazione dissinergica defecatoria che con gli anni, in presenza di specifici fattori, diversi da malattia a malattia, ha provocato particolari modifiche strutturali della parete del retto. Ad esempio, nel caso del rettocele, l’alterazione del setto retto-vaginale è il locus minoris resistentiae dove si realizza la protrusione della parete anteriore del retto verso la parete posteriore della vagina in presenza di un’ostacolata defecazione.
A sua volta il rettocele, piccola cavità neo- formata, accoglie una certa quantità di feci che non viene espulsa, rimanendo nel retto e provocando sensazione di incompleto svuotamento con senso di peso vaginale, sforzo eccessivo durante la defecazione nel tentativo di espellerle, necessità di manovre manuali endovaginali per rimuovere il contenuto del rettocele, tutti sintomi che sono tipici della defecazione ostruita.

Come viene diagnosticata?
La presenza dei sintomi tipici da defecazione ostruita necessita di una valutazione specialistica coloproctologica al fine di individuare le cause e suggerire un adeguato trattamento terapeutico. A tal scopo la diagnosi si avvale di metodiche diagnostiche morfologiche e funzionali.
Preliminare in ogni caso è la valutazione endoscopica con una colonscopia che individui od escluda patologia infiammatoria o neoplastica del colon–retto. Solo in caso di negatività endoscopica si procederà nell’iter diagnostico.
Metodiche diagnostiche morfologiche. La valutazione morfologica è necessaria per identificare le alterazioni anatomiche anorettali concomitanti alla defecazione ostruita. Le principali tecniche diagnostiche sono la defecografia (incluse le varianti di colpo-cisto-defecografia e defeco-RMN) e l’ecografia perineale.
La defecografia studia la dinamica defecatoria del retto e del canale anale in condizioni di riposo, durante la contrazione volontaria sfinterica, sotto ponzamento ed infine in fase evacuativa. Nel caso della defeco-RMN sono visualizzati simultaneamente non solo i visceri pelvici (vescica-uretra, utero-vagina, retto-ano) ma anche le strutture muscolo-fasciali; in tal modo è possibile diagnosticare anche le alterazioni funzionali della muscolatura del pavimento pelvico concomitanti alle patologie organiche. L’ecografia perineale, a costi più contenuti, condotta secondo la sequenza delle fasi utilizzate nella defecografia, rileva in modo accurato i prolassi di organi pelvici ed i difetti muscolo-fasciali correlati, dati determinanti da utilizzare nell’eventuale trattamento chirurgico.
Metodiche diagnostiche funzionali. La valutazione funzionale con manometria anorettale ed i test neurofisiologici anali individua le alterazioni fisiopatologiche funzionali associate con la defecazione ostruita. La manometria anorettale, studiando la funzione motorio-sensitiva del retto e del canale anale, evidenzia le modifiche delle attività di contrazione-rilasciamento degli sfinteri anali, della percezione del bolo fecale, dell’ adattamento del retto alla presenza delle feci. L’importanza della manometria anorettale è costituita non solo da finalità diagnostiche ma anche da suggerimenti terapeutici; sulla sua guida sono infatti scelte le tecniche riabilitative da adottare nella defecazione ostruita. I test neurofisiologici anali (elettromiografia sfinteriale, tempo di latenza del riflesso bulbo-cavernoso, potenziali evocati sensitivi e motori) occupano uno spazio più ristretto; il loro uso è limitato ai casi con patologie neurologiche in atto oppure quando si sospetti la presenza di una neuropatia del pudendo.

Quale trattamento terapeutico?
In linea di massima, dopo l’insuccesso della terapia medico-conservativa (dieta ad alto residuo, lassativi, farmaci procinetici), il trattamento di prima linea della defecazione ostruita è la riabilitazione. Soltanto dopo il suo fallimento o di fronte a casi con eclatanti patologie organiche è percorribile il sentiero della correzione chirurgica.
Trattamento riabilitativo La riabilitazione della defecazione ostruita, condotta da personale qualificato in un ambulatorio dedicato e/o espletata a domicilio per alcune tecniche, è finalizzata a ripristinare la normale sequenza defecatoria nella sincronia tra attività viscerali del retto-ano e attivazioni della muscolatura del pavimento pelvico. Le tecniche utilizzate sono quattro: chinesiterapia pelvi-perineale, biofeedback, riabilitazione volumetrica, elettrostimolazione anale. Ognuna di esse ha una precisa indicazione ed ognuna viene utilizzata secondo i principi della riabilitazione multimodale. In linea di massima un ciclo riabilitativo dura circa 4 mesi ed i risultati sono ottimi: nel 77% dei casi vi è un miglioramento decisivo e nel 20% circa i pazienti diventano asintomatici. La percentuale di miglioramento scende al 50% circa nel caso di gravi modificazioni organiche (invaginazione retto-anale, rettocele > 3 cm), suggerendo nei casi di mancata risposta la necessità di un intervento chirurgico.
Terapia chirurgica A sottolineare la complessità delle defecazione ostruita vi è la considerazione che allo stato attuale non esiste una tecnica chirurgica da utilizzare in tutti i casi e da considerare come gold standard. Ogni patologia (invaginazione retto-anale, rettocele, enterocele, prolasso mucoso del retto) ha delle peculiarità anatomo-patologiche che la tecnica chirurgica dovrebbe correggere.
Questo spiega perché siano proposte molte tipologie di interventi chirurgici. In linea di massima le procedure chirurgiche sono suddivisibili in tecniche condotte per via trans-vaginale, per via trans-anale, per via addominale. Le tecniche trans-vaginali, preferite in ambito ginecologico, prevedono la ricostruzione dei difetti muscolo-fasciali e l’utilizzo di protesi. Le tecniche trans-anali (STARR, intervento di Delorme) mirano all’eliminazione della lesione anatomo-patologica presente nel retto. Le tecniche addominali, grazie alla laparoscopia, ricostruiscono con l’uso di protesi i piani anatomici di sostegno dei visceri pelvici, riposizionandoli correttamente. In ogni modo la scelta dell’intervento chirurgico si differenzia da caso a caso: è auspicabile quindi che l’intervento, vista la complessità del tema, sia condotto in strutture dedicate alla coloproctologia.

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