Fistole Perianali

Ultimo aggiornamento: 3/04/2018
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Categoria: Fistole

A cura di Dott. Diego Segre(www.diegosegre.it), Dott. Guido Tegon (guidotegon@tin.it)

CHE COSA SONO?
Gli ascessi anali rappresentano la fase acuta di un’infezione che prende origine dalle ghiandole microscopiche secernenti muco presenti tra gli sfinteri ossia tra i muscoli che circondano e chiudono l’ano. Le fistole anali rappresentano la fase cronica di tale infezione. Ascesso e fistola sono dunque due stadi di una stessa malattia.

COME SI FORMANO?
Quando le ghiandole presenti tra gli sfinteri si infiammano , quasi sempre per il passaggio di germi dalle feci, si forma una raccolta di pus (ascesso anale) che si fa strada verso la cute che riveste l’ano e che può fuoriuscire spontaneamente o richiedere un’ incisione chirurgica per essere evacuato. Il canale attraverso cui il pus è passato può persistere e l’orifizio esterno vicino all’ano rimanere aperto (fistola anale).

QUALI SONO I SINTOMI?
Nella fase ascessuale:
1. gonfiore, rossore e calore della pelle,
2. intenso dolore anale, anche notturno,
3. spesso modico rialzo febbrile,
4. talvolta difficoltà ad urinare.
La fistola si manifesta invece con una secrezione continua o intermittente di siero-pus attraverso l’orifizio
esterno situato vicino all’ano, che non ha tendenza a cicatrizzare.

COME SI STUDIANO?
Attualmente esistono alcune indagini preoperatorie che permettono al chirurgo di avere un quadro preciso
della complessità della fistola e quindi delle possibili difficoltà tecniche legate all’intervento.
L’ecografia endoanale con sonda rotante è in grado di visualizzare con precisione le diramazioni dell’infezione in rapporto agli sfinteri.
La manometria ano-rettale misura le pressioni ai vari livelli del canale anale ed è utile per valutare il rischio di incontinenza sia negli interventi su fistole complesse che nei pazienti già operati all’ano o con precedenti traumatismi perineali causati dal parto.
La risonanza magnetica nucleare pelvi-perineale è in grado di fornire ulteriori informazioni sui rapporti dell’ascesso-fistola con le strutture muscolari.

POSSONO DEGENERARE?
Quando una fistola persiste per molti anni, senza essere eliminata con un intervento chirurgico, può degenerare, anche se molto raramente, in tumore maligno. L’infiammazione cronica presente nei tessuti per molto tempo può infatti predisporre alla trasformazione neoplastica.

COME SI CURANO?
L’ascesso anale, se non si apre spontaneamente, richiede un’ incisione di drenaggio effettuabile anche ambulatorialmente in anestesia locale nei casi in cui l’ascesso sia localizzato nei piani superficiali. Se l’ascesso interessa gli spazi perianali profondi è consigliabile procedere al drenaggio in anestesia generale od in anestesia regionale. Gli antibiotici non devono essere utilizzati neanche in fase acuta, se non nei pazienti anziani o defedati e negli immunodepressi. Questo poiché l’antibiotico contribuisce ad arrestare l’infezione ma non ottiene una completa risoluzione come invece avviene con un adeguato drenaggio chirurgico. Nel caso all’ascesso consegua la formazione di una fistola (circa 50% dei casi) questa andrà operata, in genere in anestesia loco-regionale o generale. Nelle fistole più superficiali (70-80% dei casi) che attraversano nel loro decorso solo la porzione più distale dello sfintere questo potrà essere sezionato senza problemi di continenza per eseguire una fistulotomia (sezione del tragitto fistoloso) od una fistulectomia (asportazione completa del tragitto fistoloso). Nelle fistole a decorso più profondo si deve invece spesso ricorrere ad un trattamento in 2 o più tempi chirurgici, che si rendono necessari per non effettuare una sezione troppo importante dei muscoli dell’ano (sfinteri) con il conseguente rischio di incontinenza anale postoperatoria. Nel 1° tempo chirurgico verrà apposto nel tramite fistoloso un setone, consistente in uno o più fili di seta o sintetici, che serve a ripulire gradualmente la fistola dall’infezione preparando il successivo intervento di sezione muscolare. Nel 2° tempo chirurgico, che va eseguito non prima di 10 settimane dal 1°, l’operatore dovrà valutare in base alla propria esperienza se l’azione del setone ha reso possibile senza rischio eccessivo la sezione muscolare necessaria per la fistulotomia . Un chirurgo colorettale esperto non deve essere né troppo aggressivo per non rischiare di sezionare una parte eccessiva dello sfintere provocando incontinenza alle feci, né troppo cauto per non rischiare di asportare in modo incompleto la “radice” della fistola, favorendone la recidiva. Anche nelle mani degli specialisti più esperti la possibilità che la fistola operata non guarisca e che siano necessari uno o più reinterventi per arrivare ad una guarigione definitiva si aggira sul 10% dei casi, comprendenti ovviamente soprattutto le fistole di maggiore complessità.
La gran maggioranza degli operati per fistola mantiene una perfetta continenza: solo nell’8-11% dei pazienti il trattamento chirurgico delle fistole complesse può comportare incontinenza prevalentemente ai gas ed alle feci liquide.
Per tale motivo nelle fistole alte, e soprattutto nelle fistole situate anteriormente nella donna, a maggior rischio di incontinenza postoperatoria, può essere effettuata, come variante alla fistulotomia, la tecnica del “lembo di avanzamento” in cui, senza sezionare la componente esterna del muscolo, dopo aver asportato il focolaio interno di origine della fistola, si provvede a ricoprire l’area con un lembo formato da mucosa e fibre del muscolo interno che cicatrizza gradualmente chiudendo il tramite fistoloso; il “lembo di avanzamento” può essere anche costituito da un lembo cutaneo dell’area perianal.
Negli ultimi dieci anni, per il trattamento di casi selezionati di fistole “alte” o “complesse”, sono state proposte nuove tecniche conservative che hanno anch’esse come comune obiettivo, oltre all’eradicazione della fistola, il mantenimento della continenza evitando la deformazione cicatriziale postoperatoria che fatalmente consegue alla fistulotomia e che spesso compromette l’architettura anatomo-funzionale dell’ano.
Esse sono:

INIEZIONE DI COLLA DI FIBRINA NEL TRAMITE FISTOLOSO
Tale tecnica utilizza l’attivazione della trombina per formare un coagulo di fibrina che chiude meccanicamente il tramite fistoloso. Va preceduta dal posizionamento nel tramite di un “setone” che deve essere mantenuto in sede per almeno due mesi e rimosso prima dell’iniezione della colla di fibrina. In circa il 50% dei casi con tale metodica la fistola si chiude senza bisogno di altri interventi. In caso di insuccesso non vengono pregiudicati successivi approcci chirurgici.

INSERIMENTO DI UN “TAPPO SINTETICO BIOASSORBIBILE “ NEL TRAMITE FISTOLOSO
Il “tappo “ (in inglese “plug”) utilizzato negli studi più recenti è costituito da un copolimero di acido poliglicolico e trimetilene-carbonato (GORE Bio-A Fistula Plug). Non si comporta da corpo estraneo: viene adattato e modellato dal chirurgo secondo le caratteristiche del tramite fistoloso e gradualmente assorbito dai tessuti. I risultati favorevoli variano, a seconda delle casistiche, tra il 40 ed il 60% dei casi trattati.

TECNICA “LIFT” (LIGATION OF INTERSPHINCTERIC FISTULA TRACT)
Si tratta di una tecnica innovativa che prevede l’apertura chirurgica dello spazio intersfinterico nell’ambito del quale viene legato e sezionato il tramite fistoloso a ridosso dell’orifizio interno che viene a sua volta suturato.
Questa tecnica, che ha il vantaggio di essere estremamente economica, ha dimostrato ottimi risultati in termine di guarigione delle fistole (87% dei casi ai controlli dopo una media di 6 anni).

TECNICA “VAAFT” (VIDEO ASSISTED ANAL FISTULA TREATMENT)
Tale tecnica prevede l’inserimento nel tramite fistoloso di un piccolo “fistuloscopio” a fibre ottiche attraverso il quale è possibile, sotto guida endoscopica, esplorare i tramiti principale e secondari della fistola.
Successivamente l’operatore potrà cauterizzare i tramiti o inserire la colla di cianoacrilato nell’interno degli stessi. L’orifizio interno verrà poi chiuso per via transanale con una suturatrice meccanica o con semplici punti di sutura. Le casistiche presentate sono a tutt’oggi ancora limitate ma i risultati molto promettenti.

TECNICA “FiLaC” (FISTULA LASER CLOSURE)
La tecnica FiLaC utilizza una speciale fibra ottica ed un generatore laser a diodi con potenza di almeno 15 watt per provocare la sterilizzazione e denaturazione dei tessuti del tramite fistoloso inducendone la chiusura.
L’energia sprigionata con il laser ha una limitata penetrazione e non danneggia i tessuti circostanti. La fibra flessibile permette di intervenire anche su tramiti tortuosi indipendentemente dalla loro lunghezza.
Infine segnaliamo fra le ricerche sperimentali in corso per la terapia delle fistole anali l’impiego sia delle cellule staminali ottenute dal tessuto adiposo per liposuzione, ed utilizzate da sole o in aggiunta alla colla di fibrina, sia del plasma arricchito di piastrine (“pappe piastriniche”). Tali materiali ottenuti dai tessuti del paziente stesso vengono iniettati nei tramiti di fistole particolarmente complesse o plurirecidive per stimolarne i processi di guarigione.

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